Tra Manarola e Volastra una storia in comune di pirati e tesori. Un sentiero d’incanto che, tra viti, presepi e ulivi racconta tutto quest’angolo di Liguria
Alta e assolata, adagiata su un promontorio su cui il sole sembra non tramontare mai, Volastra guarda la distesa del mare e si gode le piane coltivate a viti e ulivi. Il paese è legato a Manarola a doppio filo, tanto nella storia quanto nelle leggende.
Il suo antico nome era Oleastra e i suoi abitanti – abili mercanti di quanto riuscivano a trarre dalla terra – furono i primi intorno all’anno Mille a dare forma al porticciolo da cui sarebbe poi nata Manarola, utilizzandolo come scalo per i loro commerci.
Questo è quanto dice la storia e che la leggenda conferma, aggiungendo un tocco di mistero.
Le campane che suonano nelle notti di tempesta
Secondo alcuni, nelle notti di tempesta – in cui la costa è battuta dal Libeccio – si avverta il suono di alcune campane tanto a Manarola quanto a Volastra.
Non sono le campane delle chiese dei due borghi, ma vengono da un posto più lontano, e segnalano tesoro nascosto in un luogo che ancora nessuno ha mai trovato.
Quando Manarola era ancora un piccolo porticciolo e Volastra ancora Oleastra, i Saraceni erano una minaccia seria. In occasione di una delle tante scorribande che compirono lungo la costa delle Cinque Terre, i benestanti abitanti di Oleastra (Volastra) decisero di smontare le campane della chiesa e nasconderle sottoterra, cosicché non attirassero i pirati con il loro luccichio. In una profonda buca, insieme alle campane nascosero anche i loro averi.
Portare a termine il lavoro fu molto stancante e – per loro sfortuna – gli abitanti del borgo, distrutti dalla fatica, non si accorsero dell’assalto di corsari. Questi, non trovando nulla di prezioso da portare con sé, misero a ferro e fuoco l’intero paese, seminando morte e facendo prigionieri.
Oleastra era distrutta e, negli anni successivi, fu ripopolata dagli abitanti dei paesi circostanti. Una settantina d’anni dopo, proveniente dalla marina (la Manarola odierna) in paese arrivò uno strano vecchio che parlava con accento arabeggiante. Dopo un periodo in cui visse a Oleastra da straniero, si svelò: era uno dei superstiti di quella notte, raccontò la sua prigionia, come fosse scampato, la storia del tesoro nascosto e delle campane sotterrate.
Purtroppo per i suoi compaesani, però, morì la notte stessa in cui si decise a parlare, senza riuscire a condurre nessuno sul luogo dove era nascosto il gruzzolo.
Da allora, nonostante in tanti l’abbiano cercato, il tesoro ancora non è stato trovato e c’è chi giura di sentire suonare le campane nelle notti di forte vento.
Da Manarola a Volastra: una salita
La distanza che separa Manarola da Volastra offre, tutt’oggi, la possibilità di compiere una delle passeggiate più spettacolari e significative che si possano fare alle Cinque Terre. In poco più di un’ora di cammino, partendo dalle onde della località marinara e salendo verso gli ulivi dell’antico insediamento contadino, si toccherà con mano l’anima del territorio, imbattendosi una dopo l’altra in tutte le sue eccellenze.
Il consiglio è quello di partire dall’affaccio sul mare di Manarola e raggiungere, con la lieve salita, il suggestivo cimitero del borgo, sul cui muro è scolpita a chiare lettere la frase di Cardarelli. Il piccolo camposanto vale una rapida visita, tanto per scoprire alcune vecchie lapidi davvero particolari, quanto per l’affaccio sul paese del suo porticato.
Dal cimitero la strada continua a salire e, dopo una breve scalinata, raggiunge un camminamento panoramico che conduce ai piedi del rilievo che durante il periodo natalizio ospita il presepe luminoso di Mario Andreolli. Molte delle figure vengono lasciate sul posto ed è curioso passare attraverso pastori, pecore, angeli e pescatori in ferro e lampadine. È come trovarsi su un palcoscenico con le quinte chiuse.
La scalinata che conduce in alto (là dove è sistemata la capanna con il bambin Gesù) è il punto più impegnativo del sentiero, ma la vista sui tetti del borgo e sul mare aperto (appena si scollina) valgono la fatica. Da qui in poi si inizia una lenta e continua salita verso Volastra, attraverso i terrazzamenti coltivati a viti.
In questo percorso, che svalicherà sul crinale che guarda verso Corniglia, Vernazza e Monterosso, si avvertirà il respiro dell’agricoltura eroica propria di quest’angolo di mondo e guardando le rotaie del piccolo treno a cremagliera si avrà modo di pensare al sacrificio richiesto per la costruzione di un simile, splendido paesaggio.
Si dovrà dunque scegliere se proseguire per Volastra percorrendo la strada asfaltata o la scalinata. Il consiglio è – certamente – quello di non farsi spaventare dai gradini, perché se si sono apprezzate le viti, si troveranno stupefacenti le piane coltivate a ulivo che accompagneranno in una ventina di minuti fino a cuore del paese.
La foto di Volastra in copertina è di Marco Sergiampietri
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